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Tra ricordi e paesaggi dell'infanzia 





Una delle memorie più vivide della mia infanzia risale agli anni della scuola elementare, frequentata in un luogo quasi incantato: il Collegio dell'Osservanza, arroccato sui colli di Bologna. Ogni mattina, il tragitto verso scuola era come un piccolo viaggio, un’avventura in salita che nutriva il mio immaginario.
La partenza da casa portava a lasciare alle spalle il centro storico, per salire tra le braccia di un luogo sicuro anche se disperso. 

La struttura del Collegio si ergeva in una posizione panoramica, da cui si poteva scorgere la città distendersi sotto, con i tetti rossi delle case che sembravano ondeggiare come un mare di terracotta, mentre gli edifici storici, con le loro torri e spigoli, emergevano come isole di pietra. Questo scenario, incorniciato dai colli, era la vista che mi accoglieva all'arrivo, e ogni volta era come se un sipario si aprisse su un mondo lontano dalla routine cittadina.

L’edificio scolastico, con le sue linee austere e le mura massicce, era una presenza imponente. Con il passare degli anni, imparai ad apprezzarne la struttura: i corridoi lunghi e silenziosi, le stanze alte e ariose, e l’uso della luce naturale che penetrava attraverso ampie finestre. Da bambina, mi sentivo minuscola davanti a questi spazi così vasti e misurati, quasi come se fossero costruiti per persone di un’altra epoca o di un’altra statura. Eppure, c’era qualcosa di rassicurante in quella solidità, come se l’edificio stesso mi promettesse che nulla avrebbe potuto disturbare quel piccolo universo scolastico.

Ricordo con particolare affetto il cortile interno. Era un luogo che in qualche modo collegava l’interno e l’esterno, e che in tutte le stagioni assumeva un aspetto diverso, come un piccolo ecosistema a sé stante. In primavera, il verde dei cespugli e degli alberi sembrava esplodere in mille sfumature, e io e i miei compagni ci immergevamo in quel piccolo giardino come esploratori. Era un luogo di giochi, di corse e di risate, ma anche uno spazio dove fermarsi a osservare piccoli dettagli: una foglia che cadeva, il volo di un uccello, le ombre delle nuvole che cambiavano l’aspetto del cortile.

Il cortile rappresentava una parentesi luminosa in un edificio che, per il resto, si sviluppava verso l’alto e verso l’esterno, come a voler dialogare costantemente con il paesaggio circostante. Era uno spazio di respiro, un'area di quiete che sembrava raccogliere tutta la luce che filtrava dalla città sottostante, restituendola poi all’interno dell’edificio. Ancora oggi, ripensando a quel cortile, mi rendo conto di come quella piccola oasi all'interno di un'architettura severa abbia plasmato la mia idea di spazio e di apertura.

Nelle giornate più serene, era possibile salire fino a uno spiazzo da cui la vista si estendeva fino all’orizzonte, e, quasi inconsapevolmente, quegli scenari ampi arricchivano il mio concetto di bellezza e di armonia. Guardando Bologna da quella posizione privilegiata, ero affascinata da come la città sembrasse un tutt’uno con la collina e il cielo sopra di noi.

Anche i colori del Collegio, in sintonia con quelli della natura intorno, contribuivano a creare una continuità visiva tra l’edificio e il paesaggio. Le tonalità sobrie e calde delle pareti esterne, il grigio delle pietre e il verde delle finestre riprendevano le sfumature della collina e degli alberi, quasi come se l’edificio fosse cresciuto spontaneamente da quel terreno.

Ogni stagione, con i colori che cambiavano a seconda del clima, era come un nuovo inizio, un ritrovarsi in un luogo che, pur rimanendo immutato, si adattava e rispondeva alla natura intorno. In autunno, le foglie rosse e gialle cadevano intorno al cortile, coprendo le pietre come una coperta variopinta. In inverno, l'aria rigida e le giornate più corte rendevano tutto più silenzioso, e persino il nostro vociare sembrava più sommesso, quasi in rispettoso silenzio per l’austerità del paesaggio invernale.

Oggi, ripensando al Collegio dell'Osservanza, mi rendo conto di quanto quegli spazi, così ben progettati per creare un dialogo tra l’architettura e la natura, abbiano lasciato una traccia profonda nella mia percezione dello spazio. La semplicità e la solidità dell’edificio, la bellezza sobria e mai urlata, il rispetto per il paesaggio: questi elementi mi accompagnano ancora e hanno contribuito a plasmare la mia sensibilità estetica che mira a raccontare senza esibire. 


Le caratteristiche che risalterei riguardo il mio imprinting sono la scala come concetto di salita e i colori delle forme a contrasto tra loro che compongono il panorama. 



Tessiture basate sulle curve di livello e sul percorso dal centro storico al luogo di memoria. 


Tessiture inserite nell'area di progetto